lunedì 27 febbraio 2012

Il Senso della Musica

Perché la musica esiste?
Da dove viene?
Perché scienziati, filosofi e musicisti si arrovellano da secoli per dare un senso alla musica?
C’è chi afferma che sia una conseguenza dello sviluppo del linguaggio e non ha senso di per sé, e chi fa notare che l’oggetto più antico mai ritrovato è un flauto d’osso di 50.000 anni fa, forse prima dell’origine del linguaggio.
È impressionante sapere dal fisico e musicologo Levitin che nel 2005 gli statunitensi hanno speso molti più soldi per la musica che per il sesso o le medicine . Ho voluto controllare i dati italiani e ho scoperto che nel 2007 abbiamo fatto lo stesso.
Se tante persone provano attrazione per ciò che Levitin definisce “un’ossessione umana”, ci deve pur essere un motivo.

Secondo Edgar Varese, la musica non è altro che un insieme organizzato di suoni.
A pensarci bene, notiamo che in ogni attimo della nostra vita siamo raggiunti da un qualche tipo di suono o rumore. Alcuni li conosciamo e siamo così abituati a sentirli che non ci facciamo più caso; altri invece ci sorprendono. Per ogni suono abbiamo una reazione diversa: alcuni li troviamo divertenti, altri noiosi, altri ancora ci danno il tormento. Sembra che nessun suono sia privo di complicazioni emotive.
Se poi pensiamo ai suoni forti che ci fanno letteralmente saltare per aria e a quelli più morbidi che facilitano il rilassamento, notiamo che anche il nostro corpo è coinvolto nella recezione dei suoni.
Da ultimo notiamo che alcuni suoni risvegliano ricordi di ambienti e persone e la viva sensazione di essere in un determinato posto e in uno specifico momento; si può dire che i suoni siano d’aiuto per un legame che alcuni definiscono “spirituale”.
Sembra, insomma, che ogni singolo suono abbia una forte risonanza in ognuno di noi.

Viviamo immersi nei suoni eppure non ci si ferma mai a riflettere su come influenzano la nostra vita.
La nostra idea di musica è associata ai concerti e alla gente di spettacolo; conosciamo i generi musicali e molte sequenze sonore, ma non conosciamo gli effetti che ha su di noi. Per noi la musica è qualcosa che sta “al di là” di un palco o di una radio.
La musica è qualcosa di talmente affascinante che tutti, almeno una volta, abbiamo sentito il desiderio di toccarla con mano; prendere uno strumento e “farla”. Cantare sotto la doccia, usare la scopa come chitarra o il tavolo come batteria. Fin qui è divertente, ma appena ti avvicini ad uno strumento classico come un pianoforte, ti scontri contro secoli di storia musicale. Regole e strutture che schiacciano chiunque si avvicini.
Ormai siamo pervasi dal concetto che musica vuol dire suonare “in un certo modo” e per farlo occorrono anni di studio e pratica. Senza considerare l’enorme scoglio del “Talento”. Non abbiamo idea di quanta gente al mondo viene continuamente frustrata da questo concetto di talento e gli si impedisce di avvicinarsi ad una cosa così bella solo perché non suona con la precisione di Pollini o Rubinstein.

Viene da pensare.
Regole e strutture. Suono e Pratica.
Perché?
Per poter eseguire correttamente i brani musicali di altri, classici o leggeri che siano.

MA È DAVVERO QUESTA LA MUSICA? Riprodurre le sequenze scritte da altri?
La musica è qualcosa che appartiene ai grandi maestri e alle persone dotate di talento, mentre noi dobbiamo limitarci ad ascoltarle o, al massimo, a riprodurle.
Essere musicisti vuol quindi dire passare anni della propria vita ad apprendere delle regole musicali del tutto arbitrarie. Piacevoli certo, ma non assolute.
Ciò che pochi sanno è che i musicisti, in ogni epoca, cercano sempre regole nuove e forme di espressione diverse da quelle della generazione precedente. Ovviamente parlo degli amanti dell’arte e non della gente di spettacolo a cui interessa fare musica che piace alla gente solo per guadagnare soldi e fama.
Se qualcuno ha avuto mai l’avventura di ascoltare la musica contemporanea di oggi si sarà accorto del tentativo di rompere il concetto di armonia che sta alla base di ogni genere di musica che conosciamo.
Questo vuol dire che le regole le fanno e le disfano come vogliono, mentre noi dobbiamo solo subirle.

COSA CI IMPEDISCE DUNQUE DI FARCI DA SOLI LA NOSTRA MUSICA?
Suonare come ci piace di più, secondo le nostre regole.
Se sentiamo come irrefrenabile l’istinto alla musica non è per copiare la musica di altri. Ma perché sentiamo che fa parte di noi, della nostra stessa vita.
La musica infatti è vibrazione, come lo sono le molecole di cui siamo composti.
NOI SIAMO MUSICA, quando parliamo o canticchiamo.
Noi siamo ritmo quando camminiamo.
Se i grandi professori del “come si deve suonare” ci tolgono la musica e la libertà di suonare a modo nostro, ci tolgono noi stessi e la libertà di esprimerci.

PER UN MUSICOTERAPISTA LA MUSICA E’ UNO DEI PIU’ POTENTI MEZZI DI ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI, DI MANIFESTAZIONE DELL’ENERGIA CORPOREA E DI LEGAME CON IL MONDO E GLI ALTRI ESSERI VIVENTI.
Pochi sanno che il nostro cervello è diviso in due emisferi con caratteristiche molto diverse e complementari. L’emisfero sinistro ci aiuta a sviluppare il linguaggio e le operazioni logiche, mentre quello destro ci permette di esprimere e comunicare gli stati emotivi.
Solo uno sviluppo equilibrato dei due emisferi permette all’uomo di realizzarsi a pieno e di relazionarsi adeguatamente con il mondo.
Solo partendo da questo principio possiamo capire che LA MUSICA, COME L’ARTE IN GENERE, È UN POTENTISSIMO MEZZO DI BENESSERE DELLA PERSONA E NON UN MERO PASSATEMPO o uno spettacolo da televisione.

Questo è Ciò che Penso

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