venerdì 9 marzo 2012

Pensieri di un MusicoTerapista


Da 10 anni faccio questo lavoro e ancora mi stupisco dell’abisso che mi divide dalle altre figure professionali nell’aiuto alla persona.
Io non guarisco nessuno, non somministro medicine ne rassicurazioni verbali, non analizzo i processi di pensiero ne insegno comportamenti “giusti” o “sbagliati”.
Io suono e faccio suonare! Tutto qui.
Non insegno nemmeno a “suonare correttamente” ma, anzi, lascio i miei ragazzi liberi di fare ciò che vogliono, convinto che l’espressione delle emozioni aiuta a conoscere se e l’altro, crea relazioni e mette in atto un processo personale di auto-guarigione. Solo il “malato” ha il potere di guarirsi. Io al massimo cammino insieme a lui.
E lo osservo.
Se vedo un ragazzo che picchia un pugno sul muro io osservo COME LO FA.
Se ha un ritmo accelerato e una dinamica FF ci posso leggere della rabbia e provo ad avvicinarmi a questa emozione contattandola sugli stessi parametri sonori; cerco una relazione a livello emotivo.
Sono convinto che è questo ciò che mi chiedono tutti i miei pazienti: relazione.
Nel pieno rispetto della loro emozione di quel momento, senza giudicarla o intervenire per modificarla.
Vivo la loro emozione con loro.
Perché le emozioni non sono mai positive o negative, ma funzionali al bisogno del momento.
Non fornisco una musica-pillola per cambiare le emozioni che non piacciono ne mi lancio in voli psicologici per spiegare perché un tal ragazzo vive la tal emozione. La vivo con lui e basta.
E quanti pugni ho preso nella convinzione che sia importante restare nella relazione in qualunque stato emotivo, anche la rabbia.
Dico queste cose da molti anni ma ancora mi stupisco ogni volta che sento dire “calmati” ad una persona arrabbiata, o “non piangere” ad una persona triste.
Chi non conosce le emozioni ne ha paura e chi non ha mezzi per gestirle, come la musica, tenta sempre di portare la relazione al livello cognitivo.
Ma in un mondo che insegna ad usare la ragione e nascondere l’emozione, quale futuro hanno le persone disabili? Può davvero aiutare un’ora alla settimana di libera espressione quando tutto il resto del tempo il nostro ragazzo vive esperienze contrarie?
Io, voi e tutti gli altri esseri umani, che futuro avremo se non riusciremo a trovare un giusto equilibrio fra espressione emotiva e cognitiva?
SUONATE QUINDI, o datevi a qualunque forma d’arte così come siete capaci, SENZA TEMERE GIUDIZI; perché non dobbiamo mostrare se siamo bravi, ma VOGLIAMO SOLO ESPRIMERE LE NOSTRE EMOZIONI.
NON E’ FORSE QUESTO IL VERO SENSO DELL’ARTE?

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