Ancora una volta prendo spunto da un’immagine che gira in
internet per proporre alcune riflessioni.
Il caso ha voluto che nello stesso giorno ricevessi al
mattino l’ennesima richiesta di “musiche allegre per far divertire bambini” e
la sera questa frase.
Anch’io anni fa, all’inizio dei miei studi di MusicoTerapia,
nonostante leggessi da più parti che le emozioni sono personali (primo fra
tutti Benenzon che si schiera contro la “musica-pillola”), mi chiedevo se fosse
proprio vero o se esistessero dei parametri sonori capaci di generare emozioni
specifiche.
Forte dei miei studi di composizione, ho iniziato un piccolo
esperimento: ho chiesto ad alcune persone di ascoltare una serie di brani (molto
vari), chiedendo loro di dare un nome alle emozioni vissute prima, durante e
dopo l’ascolto.
Ho così dimostrato (almeno a me stesso) i due principi che
mi guidano ancora oggi nella pratica terapeutica:
1 è raro che due persone provino la stessa emozione
ascoltando lo stesso brano
2 ognuno di noi tende a vivere emozioni simili all’interno
di brani anche molto diversi.
(Lascio ad altri la spiegazione dei perché e i legami con i
propri vissuti.)
Non voglio dire che un brano musicale viene letto totalmente
in modo soggettivo da ognuno di noi.
Con l’esperienza ho notato che la musica ha delle
caratteristiche proprie con cui contagia chiunque le ascolti: per esempio, trasmette un certo livello di energia a seconda del tempo e ritmo di cui è composta, i
silenzi favoriscono l'introspezione, le cadenze armoniche lavorano sull'integrazione, la varietà melodica, le variazioni
dinamiche, la presenza di uno o più strumenti, la polifonia, la ripetitività, i
riverberi, ecc…
Tuttavia non basta, fra l’insieme di tutti questi
parametri e lo sviluppo di un’emozione rimane uno scarto che ognuno di noi riempie in modo
differente; è per questo che non si può essere certi che un dato brano
susciterà un’emozione determinata in chiunque lo ascolti.
Basta pensare che gli studiosi delle emozioni si stanno
ancora chiedendo se:
“di fronte ad un
pericolo, scappiamo perché abbiamo paura o abbiamo paura perché scappiamo?”
In alcuni casi, comunque, ciò avviene; questo, per chi vuole approfondire il tema, apre un interessante dibattito sul rapporto fra gli ISO di Benenzon e l'omologazione sonora di cui siamo tutti vittime.
Il secondo punto è altrettanto importante; molti studi,
provenienti da diverse discipline, fanno notare come ognuno di noi (uomo e
animale in genere) sia solito riproporre gli stessi schemi comportamentali anche
in situazioni diverse (ovviamente, con modalità relazionate alle capacità
cognitive).
Ebbene, sembra che ciò avvenga anche con le emozioni, che
sono appunto il nostro modo di interagire con l’ambiente; in noi si risvegliano
emozioni simili anche di fronte a stimoli totalmente diversi (e lo dico dopo
aver sottoposto le mie “cavie” all’ascolto di “Lupin III” e di Berio).
Questa informazione è di vitale importanza per noi mtpisti
impegnati nello sviluppo di relazioni; nuove relazioni infatti permettono di
acquisire nuove capacità, nuovi schemi, nuove modalità espressive, da poter
utilizzare nelle diverse situazioni della vita per ottenere il risultato più
soddisfacente.
Proprio in questi giorni … guarda le combinazioni … ho
iniziato il libro in cui ha incontrato questa frase:
…non ho alcun dubbio
che un uomo sia capace di vivere da solo, ma sono convinta che comincia a
deperire nell’istante in cui si chiude alle spalle la porta di casa sua.”
(J. Saramago, La Caverna )
PS: Ho riportato tutti i dettagli dell'esperimento nel primo capitolo della mia tesi.
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