domenica 10 febbraio 2013

Emozioni a Comando?

Ancora una volta prendo spunto da un’immagine che gira in internet per proporre alcune riflessioni.
Il caso ha voluto che nello stesso giorno ricevessi al mattino l’ennesima richiesta di “musiche allegre per far divertire bambini” e la sera questa frase.



Anch’io anni fa, all’inizio dei miei studi di MusicoTerapia, nonostante leggessi da più parti che le emozioni sono personali (primo fra tutti Benenzon che si schiera contro la “musica-pillola”), mi chiedevo se fosse proprio vero o se esistessero dei parametri sonori capaci di generare emozioni specifiche.
Forte dei miei studi di composizione, ho iniziato un piccolo esperimento: ho chiesto ad alcune persone di ascoltare una serie di brani (molto vari), chiedendo loro di dare un nome alle emozioni vissute prima, durante e dopo l’ascolto.
Ho così dimostrato (almeno a me stesso) i due principi che mi guidano ancora oggi nella pratica terapeutica:
1 è raro che due persone provino la stessa emozione ascoltando lo stesso brano
2 ognuno di noi tende a vivere emozioni simili all’interno di brani anche molto diversi.
(Lascio ad altri la spiegazione dei perché e i legami con i propri vissuti.)

Non voglio dire che un brano musicale viene letto totalmente in modo soggettivo da ognuno di noi.
Con l’esperienza ho notato che la musica ha delle caratteristiche proprie con cui contagia chiunque le ascolti: per esempio, trasmette un certo livello di energia a seconda del tempo e ritmo di cui è composta, i silenzi favoriscono l'introspezione, le cadenze armoniche lavorano sull'integrazione, la varietà melodica, le variazioni dinamiche, la presenza di uno o più strumenti, la polifonia, la ripetitività, i riverberi, ecc…
Tuttavia non basta, fra l’insieme di tutti questi parametri e lo sviluppo di un’emozione rimane uno scarto che ognuno di noi riempie in modo differente; è per questo che non si può essere certi che un dato brano susciterà un’emozione determinata in chiunque lo ascolti.
Basta pensare che gli studiosi delle emozioni si stanno ancora chiedendo se:
“di fronte ad un pericolo, scappiamo perché abbiamo paura o abbiamo paura perché scappiamo?”
In alcuni casi, comunque, ciò avviene; questo, per chi vuole approfondire il tema, apre un interessante dibattito sul rapporto fra gli ISO di Benenzon e l'omologazione sonora di cui siamo tutti vittime.

Il secondo punto è altrettanto importante; molti studi, provenienti da diverse discipline, fanno notare come ognuno di noi (uomo e animale in genere) sia solito riproporre gli stessi schemi comportamentali anche in situazioni diverse (ovviamente, con modalità relazionate alle capacità cognitive).
Ebbene, sembra che ciò avvenga anche con le emozioni, che sono appunto il nostro modo di interagire con l’ambiente; in noi si risvegliano emozioni simili anche di fronte a stimoli totalmente diversi (e lo dico dopo aver sottoposto le mie “cavie” all’ascolto di “Lupin III” e di Berio).
Questa informazione è di vitale importanza per noi mtpisti impegnati nello sviluppo di relazioni; nuove relazioni infatti permettono di acquisire nuove capacità, nuovi schemi, nuove modalità espressive, da poter utilizzare nelle diverse situazioni della vita per ottenere il risultato più soddisfacente.
Proprio in questi giorni … guarda le combinazioni … ho iniziato il libro in cui ha incontrato questa frase:

…non ho alcun dubbio che un uomo sia capace di vivere da solo, ma sono convinta che comincia a deperire nell’istante in cui si chiude alle spalle la porta di casa sua.”
(J. Saramago, La Caverna)

PS: Ho riportato tutti i dettagli dell'esperimento nel primo capitolo della mia tesi.

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