lunedì 23 maggio 2016

La Risata distrugge l'ego



Grazie Tolle; ho fatto di questo pensiero uno dei fondamenti della mia pratica, nelle situazioni con i parenti, quando non si può fare a meno di utilizzare il verbale.
A volte suggerisco di prendere con leggerezza anche le situazioni più difficili e spesso devo scontrarmi con pensieri di accondiscendenza verso il vittimismo.
“Chi si lamenta ha sempre ragione”  dice, ironicamente, Tolle.
Questa è l’opinione comune, anche fra molti professionisti della relazione; è uno schema mentale da cui è difficile uscire. Quando c’è un’intensa emozione di negatività si è immersi in modo tanto coinvolgente che chiunque prova ad opporsi vien visto come irriverente.

Eppure penso che sia proprio questo il compito di un terapista: offrire nuovi punti di vista.
Aiutare il proprio paziente a muoversi dal sentimento negativo verso uno più ottimista, perché è qui che la persona può trovare una nuova strada per risolvere il suo problema.
Non mi stancherò mai di ripetere che il terapista non guarisce, ma cammina con il paziente, aiutandolo a mettere in atto il proprio personale processo di guarigione o di superamento della situazione problematica. Come può farlo se prima non esce da una visione catastrofica di sofferenza ineluttabile? Per uscire dalle situazioni più buie occorre combattere l'ego, come dice Tolle, con la risata e la leggerezza.


Il problema è trovare la via giusta per non offendere il paziente.
Non nego di aver fatto anch'io sbagli clamorosi; sbagli tanto gravi da far mettere in dubbio la mia professionalità, soprattutto ai più conservatori.
Eppure è normale che si raggiungano i successi attraverso una via lastricata da insuccessi.
Quante volte mi è capitato di sentire la gente comune commentare duramente anche medici illustri: “meno male che è un professionista; anche uno stupido capirebbe che non si devono dire certe cose!!”
Gli insuccessi, ripeto, sono all'ordine del giorno ma troppo spesso bisogna sopportare gli affondi di chi cammina sulla strada sicura e che morirà nella routine del "questo è bene, quello è male".

Ciò che mi da maggiormente da pensare, però, sono i professionisti in campo sociale discepoli del facile pietismo; persone che, pur non avendo armi per fronteggiare situazioni difficili, non risparmiano commenti taglienti verso chi tenta strade alternative.
Vorrei precisare ancora che, a parer mio, il terapista non è l’amico pronto ad ascoltarti in silenzio e fornirti un appoggio.
Anche!! Certo, in alcuni casi è utile anche questo approccio. Ma non può fare solo questo.
Il terapista deve saper sorreggere, spronare, aprire nuovi orizzonti, scuotere e, a volte, anche arginare comportamenti distruttivi.
Noi che siamo professionisti dovremmo sforzarci di vedere e far vedere agli altri che negli sbagli dei colleghi c'è, spesso, il tentativo di percorrere una strada non convenzionale.
La differenza fra un ciarlatano e un professionista sta nella capacità di riconoscere, in un dialogo sereno, che il proprio tentativo non era il più corretto.

Evitiamo di cadere nel comportamento comune di denigrare ciò che non capiamo.
Troppo spesso accade che, per paura di offendere, sbagliare, perdere la rispettabilità, perdere il lavoro e altri mille motivi … anche il professionista più convinto si allinea con la massa.

Resistere, Resistere, Resistere!!!


“Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.”   (Calvino)

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