Si
era arrabbiato e bastò quella frase a
farlo capire.
Non
urlò anzi.
La
sua voce per usare dei termini
musicali mantenne una dinamica bassa ma sforzata
cosa che diede quel senso di imperativo che ci lasciò impietriti senza nessuna voglia di replicare.
Sentimmo
anche un veloce crescendo di tutta la frase
tanto che il “no” finale sembrò
esplodergli dalla bocca e colpirci.
È
vero che tutti noi quando parliamo pronunciamo più forte le parole a cui diamo
più importanza ma mai l’ultima.
L’ultima
parola è il confine verbale fra me e l’altro
caricarla di rabbia significa costruire una barricata. Lo facciamo solo con
le persone che vogliamo tenere lontano.
I
nostri dialoghi quotidiani invece quelli piacevoli e quelli meno finiscono
con parole morbide come “grazie” o “per
favore”. Anche se sono parole finte o poco
sentite è un modo per non creare
conflitti.
Aggiungiamo
che “no” è una
parola già forte di suo per questo ci
perdiamo spesso in un labirinto di perifrasi pur di non usarla; oppure cerchiamo una pronuncia più dolce ad esempio “No-o” “Nnno”
oppure “Nooo”.
Sono
tutti segni di un interesse a mantenere la relazione: “Ti dico no ma non
andartene voglio continuare a parlarti”.
Quel
“no” invece era forte e secco senza strascichi o prolungamenti della “o” e non lasciò equivoci sulla voglia di essere
lasciato in pace.
In
più l’ambito grave della sua voce sottolineò
una rabbia fisica istintiva non causata da pensieri o difese. Gli ambiti
acuti invece sono più cerebrali pensati
capricciosi.
Ma non
è tutto.
Mantenne in
modo costante lo stesso ritmo per tutta
la frase. È la modalità tipica della fermezza.
Tutti
noi riempiamo i nostri discorsi con pause
corriamo e rallentiamo molto
spesso incespichiamo.
Quando
parliamo a braccio quando non siamo
sicuri delle nostre idee quando siamo
nervosi. Esprimiamo “incertezza”.
Nel
rispondere ad una domanda l’incertezza del
ritmo è uno dei segni più chiari della
menzogna.
Lui
non mentiva e non era incerto. Anzi.
Sapeva
bene cosa voleva e lo comunicò in modo
deciso.
A
coronare il tutto ci fu lo sguardo.
Girò
la testa con un movimento lento ma
continuo e deciso verso di noi. Occhi
sgranati pupilla dilatata e ferma.
Ci fece
subito pentire di avergli proposto una
passeggiata.
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