sabato 21 aprile 2012

Ho detto di no!



Si era arrabbiato   e bastò quella frase a farlo capire.
Non urlò   anzi.
La sua voce   per usare dei termini musicali   mantenne una dinamica   bassa   ma sforzata   cosa che diede quel senso di imperativo che ci lasciò impietriti   senza nessuna voglia di replicare.
Sentimmo anche un veloce crescendo di tutta la frase   tanto che il “no” finale   sembrò esplodergli dalla bocca   e colpirci.
È vero che tutti noi   quando parliamo   pronunciamo più forte le parole a cui diamo più importanza   ma mai l’ultima.
L’ultima parola è il confine verbale fra me e l’altro   caricarla di rabbia significa costruire una barricata. Lo facciamo solo con le persone che vogliamo tenere lontano.
I nostri dialoghi quotidiani   invece   quelli piacevoli e quelli meno   finiscono con parole morbide   come “grazie” o “per favore”. Anche se sono parole finte   o poco sentite   è un modo per non creare conflitti.
Aggiungiamo che   “no”   è una parola già forte di suo   per questo ci perdiamo spesso in un labirinto di perifrasi pur di non usarla; oppure   cerchiamo una pronuncia più dolce   ad esempio “No-o”   “Nnno”   oppure “Nooo”.
Sono tutti segni di un interesse a mantenere la relazione: “Ti dico no ma non andartene   voglio continuare a parlarti”.
Quel “no” invece   era forte e secco   senza strascichi o prolungamenti della “o”   e non lasciò equivoci sulla voglia di essere lasciato in pace.
In più   l’ambito grave della sua voce sottolineò una rabbia fisica   istintiva   non causata da pensieri o difese. Gli ambiti acuti   invece   sono più cerebrali   pensati   capricciosi.
Ma non è tutto.
Mantenne   in modo costante   lo stesso ritmo per tutta la frase. È la modalità tipica della fermezza.
Tutti noi riempiamo i nostri discorsi con pause   corriamo e rallentiamo   molto spesso incespichiamo.
Quando parliamo a braccio   quando non siamo sicuri delle nostre idee   quando siamo nervosi. Esprimiamo “incertezza”.
Nel rispondere ad una domanda   l’incertezza del ritmo   è uno dei segni più chiari della menzogna.
Lui non mentiva   e non era incerto. Anzi.
Sapeva bene cosa voleva   e lo comunicò in modo deciso.
A coronare il tutto   ci fu lo sguardo.
Girò la testa con un movimento lento   ma continuo e deciso   verso di noi. Occhi sgranati   pupilla dilatata e ferma.
Ci fece subito pentire   di avergli proposto una passeggiata.

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