lunedì 16 novembre 2015

Mozart, Requiem K626

Recentemente ho avuto uno dei risultati più forti della mia carriera, a dimostrazione di come anni di studio e di pratica, il continuo aggiornamento e le costanti sperimentazioni nulla possono di fronte all’incredibile potere del caso (il fattore C).
Lavoro settimanalmente in un nucleo Alzheimer con circa 24 “detenuti” a cui propongo una musica d’ambiente capaci di tenerli svegli in modo sereno per poter proporre, ad alcuni di loro, un percorso in cuffia mirato ad incrementare l’attenzione e la capacità di ascolto. Le due attività si svolgono contemporaneamente e nello stesso ambiente.
Con la musica ambientale riesco solitamente a mantenere un clima rilassato con l’effetto di mantenere viva l’attenzione di molti di loro ma anche di far addormentare o mandare in isolamento i più sensibili.
Non riesco tuttavia a ridurre le manifestazioni ossessive e fobiche di forte intensità; queste portano spesso molti elementi del gruppo a manifestare intolleranza e rabbia in modo forte e continuo nei confronti di altri utenti o degli operatori.
A ciò dobbiamo aggiungere l’effetto disastroso di alcuni operatori che, per motivi vari, si approcciano agli utenti in modo irruento, provocandone reazioni violente che, a loro volta, innescano un effetto domino di rabbia.
Una mattina l’oggetto ossessivo di alcuni si concentrava sulla volontà di ascoltare la messa. Chissà perché si trovavano sintonizzati in tre utenti sulla stessa richiesta.
Ho deciso di assecondare la richiesta e ho proposto un misto di brani religiosi, gospel, madrigali e gregoriani. Dopo 40 minuti non ho riscontrato alcun effetto; la tensione di messa si era spostata su altre richieste, ma l’emotività ossessiva di base non si riduceva.
Ho pensato di alzare il livello della proposta proponendo la messa in requiem di Mozart.
L’effetto è stato quasi immediato.
Dopo 3 minuti la maggior parte di loro si è zittita mentre i più irrequieti hanno cominciato a parlare a bassa voce; dopo 5-8 minuti il silenzio era completo.
Dopo 15 minuti di permanenza costante in uno stato di silenzio, ma sveglio e attento, ho deciso di riproporre un paio di canti gregoriani: il gruppo è tornato lentamente a parlottare, con qualche lamentela.
Una volta messo nuovamente Mozart il gruppo è tornato allo stato silenzioso e vigile (a parte i cronici che son soliti dormire anche nelle situazioni più caotiche).
L’effetto è durato per un’altra ora, fino alla fine dell’intervento.
Ho ripetuto l’esperimento nella settimana successiva ottenendo lo stesso effetto.
In questo secondo appuntamento gli operatori si sono prodigati più volte e in modo prolungato nel loro approccio irruento, anche continuando a parlare dei loro affari ad alta voce durante l’attività.
Solitamente richiedo il silenzio, ma in questo caso ho deciso di non intervenire per monitorare gli eventi.
Ho rilevato un’agitazione generale che cresce in presenza degli operatori e decresce lentamente dopo la loro uscita. Gli interventi più irruenti hanno effetti maggiori sul malessere generale e il tempo impiegato per tornare ad uno stato di quiete è più lungo.
Lasciati soli con la musica di Mozart, lentamente, torna il silenzio.
Perché avviene questo?
Si tratta del famoso “effetto messa”?
Il potere esoterico di Mozart?

Sicuramente è un dato importante da diffondere e un’esperienza da ripetere e approfondire.

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